Nel campo delle arti visive, il ritratto è, come noto, ogni rappresentazione di una o più persone secondo le sue/loro reali fattezze e sembianze.

Le fotografie di Nicolò Begliomini nel Museo Civico di Pistoia

La sua nascita in senso moderno, cioè con dignità di soggetto autonomo, si fa tradizionalmente risalire al Quattrocento e al legame con la nuova cultura umanistica e rinascimentale, in cui l’aderenza al vero – alla “figura cavata dal naturale” secondo la definizione del letterato e scrittore d’arte Filippo Baldinucci nel Vocabolario toscano dell’arte del disegno (Firenze, 1681) – è considerata un fattore fondamentale, la misura del valore artistico dell’opera, anche nell’ambito di un contesto narrativo più ampio.

Nei secoli successivi il genere si diffonde attraverso l’elaborazione delle diverse tipologie (busto e mezzo busto, mezza figura o figura intera, di famiglia, di gruppo) e categorie (celebrativo, allegorico, ufficiale, religioso, idealizzante, realistico, caricaturale) del ritratto moderno, fino a diventare nel Seicento uno dei generi artistici più diffusi.

Per ovvie ragioni, l’uso del ritratto fotografico si sviluppa massicciamente a partire dalla metà dell’Ottocento, grazie al costo relativamente basso del dagherròtipo e al tempo di seduta ridotto; e dalla metà del secolo successivo, parallelamente al declino dell’interesse verso la rappresentazione figurativa, la produzione di ritratti è affidata sempre più spesso alla fotografia.

È esattamente nel solco di questa tradizione, sia pure tratteggiata qui per sommi capi, che si inserisce il progetto di Nicolò Begliomini Pistorienses. Ritratti classici, racconti contemporanei, basato sulla narrazione di una comunità, quella pistoiese, attraverso lo strumento contemporaneo della ritrattistica fotografica, con l’obiettivo di raccontare la città attraverso i volti di personaggi che, grazie al loro impegno in ambiti molto diversi fra loro, contribuiscono a rafforzarne l’identità.

La mostra: Pistorienses, ritratti classici racconti contemporanei

La mostra realizzata dalla Giorgio Tesi Editrice, che non arriva al termine, bensì avvia il progetto, ha la sua sede principale (in termini numerici) nelle Sale Affrescate del Palazzo Comunale, ma si diffonde anche negli spazi del Museo Civico. Qui dieci immagini, opportunamente selezionate, dialogano con variata disposizione con altrettante opere d’arte antica, aggiornando il rapporto fra la ritrattistica del passato e la società del presente e, al contempo, costituendo un coraggioso e suggestivo inserimento linguistico contemporaneo nel contesto della prima e maggiore istituzione museale cittadina.

Ecco dunque, al primo piano (sale 1 e 2), il confronto fra due diverse rappresentazioni della maternità: quella più intima del ritratto fotografico di Letizia Maravaglia – Mamma e quella più solenne delle Sacre Conversazioni di artisti come Lorenzo di Credi, Gerino Gerini e Ridolfo del Ghirlandario; e il tema dell’infanzia richiamato sia dalla fotografia di Tommaso – Super Pistoriense che dalla bambina al centro della tavola con la Madonna della Pergola di Bernardino Detti e da molti altri elementi allusivi presenti nel dipinto (San Bartolomeo, il Giudizio di Salomone, la presenza di bambini, i giochi, gli amuleti … ).

Al terzo piano, nel grande salone del Sei/Settecento, il dialogo si instaura fra l’immagine di Bärbel Reinhard – Artista/Critica della fotografia e il Ritratto di giovane donna con fiori di Anonimo del XVII secolo, due giovani donne così simili nella posa e nella scelta dei colori; analogamente a quanto avviene fra Nick Becattini – Musicista e il dio Apollo raffigurato con in mano uno strumento a corda, simile a un violino, nella tela dell’Empoli con Il Giudizio di Mida. Lanfredino della nobile famiglia pistoiese dei Cellesi fu cavaliere di Santo Stefano, l’ordine cavalleresco voluto da Cosimo I de’ Medici per la difesa del mare Mediterraneo, e soprattutto del Tirreno, dagli ottomani e dai pirati: è ritratto in posa solenne nel dipinto di Luigi Crespi mentre Lorenzo Cipriani – Navigatore, nel confronto contemporaneo, è raffigurato in azione, in un atteggiamento più informale. Di grande vitalità e forza comunicativa è la relazione che si instaura fra Mons. Fausto Tardelli – Vescovo di Pistoia e il suo predecessore più illustre, quel Sant’Atto, forse di origine spagnola, abate vallombrosano, che fu vescovo della città dal 1133 al 1153 e che intorno al 1140 circa ottenne dall’arcivescovo di Compostela la preziosa reliquia di San Jacopo, raffigurato nella tavola di Anonimo della prima metà del XVII secolo.

Nell’adiacente Corridoio Puccini serrati sono i dialoghi che si stabiliscono fra due medici – attraverso il ritratto fotografico di Lucilla Di Renzo – Direttrice unica per la rete degli ospedali pistoiesi e quello di Tommaso Puccini (Pistoia 1669 – Firenze 1727), professore di anatomia e naturalista, medico della famiglia granducale, dipinto da Pietro Dandini – e due giovani donne, agghindate e ornate di fiori, quali Irene CasartelliModella e Elisabetta Centi Brunozzi, nonna di Niccolò Puccini per parte di madre, raffigurata nel dipinto di Giuseppe Valiani risalente al XVIII secolo.

Il percorso si conclude, infine, nella grande sala rossa dell’Ottocento, con il confronto tra due uomini di cultura come Giovanni Capecchi – Professore universitario, direttore di NATURART e il Ritratto di Giuseppe Tigri – autore di una fondamentale guida di Pistoia e del suo territorio nonché professore e direttore del Liceo Forteguerri – di Giuseppe Ciaranfi; e quello tra un celebre filantropo come Niccolò Puccini, ritratto da Giuseppe Bezzuoli, e una persona impegnata oggi in attività benefiche quale Maria Renzi – Associazione Raggi di Speranza in Stazione.

Elena Testaferrata

Direttrice dei Musei Civici di Pistoia